Articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 15 marzo 2019
Il 15 Marzo è la Giornata nazionale del fiocchetto lilla, che intende richiamare l’attenzione sui disturbi del comportamento alimentare (dca).
Lavoro con i dca, in Italia e Oltralpe, da molti anni. Nel corso dei quali ho imparato che curare passa per prevenire e, dunque, fare una corretta informazione. Bisogna anzitutto sfatare l’idea che i dca siano una patologia della “volontà”. Si pensi al banale “se vuoi puoi farcela!” che rimbalza sui social, oppure “la volontà è tutto!”.
Media e modelli: alcuni giorni fa è stato trasmesso un servizio delle Iene nel quale una ragazza asseriva di essere caduta nell’anoressia per assomigliare alle “influencer” che sfoggiano fisici scultorei. Questo servizio cela un messaggio non del tutto veritiero: al contrario di quello che la ragazza dice, non si diventa anoressiche per emulare modelli di perfezione. Piuttosto la presenza di modelli estetici, serve da innesco per scatenare questioni pregresse. La famiglia di un soggetto che soffre di dca è sempre coinvolta. “Non si mangia mai senza l’Altro” è la frase che riassume il legame indelebile con le primitive dinamiche di interazioni e rapporti con le figure dei genitori. Sovente si situa nell’infanzia del soggetto il momento in cui si sono poste le basi per l’edificazione dell’armatura costituita dal corpo magro, legato a un difetto nella relazione con l’Altro familiare. Nel corso della crescita, tali modelli di relazione si trascinano e si ripetono nelle interazioni che l’individuo ha con amici, fidanzati, colleghi di lavoro. La matrice resta comunque una fissazione ad una fase dello sviluppo dove la parola e la domanda sono inciampate e il cibo ne ha preso il posto.