Nulla è stato lasciato al caso nella pianificazione ed esecuzione della carneficina messa in opera da Brenton Tarrant, ivi compresa la ripresa in diretta diffusa in rete che non nasce dal tentativo di emulazione dei ‘videogames’, come alcuni commentatori hanno banalmente sostenuto, ma si iscrive piu’ precisamente nella logica del perverso che fa dell’ ‘essere visto’ mentre infrange la legge ed infligge dolore la cifra del suo essere.
Così come non è vergato a caso l’elenco dei ‘padri’ dei quali l’attentatore si pone come erede nella trasmissione di un verbo mortifero.
Spiccano due nomi: Luca Traini e Hans Breivik, quest’ultimo vero capostipite della genealogia del terrore, nel nome del quale Tarrent e tanti altri emuli hanno dato forma concreta al loro odio per molto tempo celato negli anfratti dei loro animi. Prima di Breivik personaggi come Luca Traini, malmostosi e violenti odiatori del diverso animati da pulsioni xenofobe , ce n’erano ovunque. Si tratta nella maggior parte dei casi anonimi cittadini, lividi detentori di verità assolute che esercitano la loro avversione nei confronti dello straniero attraverso l’adesione a gruppi di stampo razzista o adottando comportamenti improntati alla discriminazione nei piccoli gesti della quotidianità. Ovviamente la quasi totalità di essi non porta alle estreme conseguenze i desiderata di morte ed eliminazione fisica, perché intimoriti dalla legge. Altri invece, più incuranti delle conseguenze legali di azioni di questo tipo, trattengono i loro istinti beluini perché mancanti di un elemento identificativo, un insegna sociale entro la quale poter sdoganare i liquami che scorrono nei meandri del loro animo. Pochi, infine, oltrepassano quel confine che divide la parola violenta dal passaggio all’atto, quando si creano determinate condizioni socio – politiche, ponendosi come ‘martiri’ o sodali di una causa al servizio della quale desiderano immolarsi. Tarrent fa parte di questi ultimi. Luca Traini , esempio emulativo per il neozelandese, è stato in Italia solo l’ultimo di una serie di casi di violenza a stampo razzista.
La modalità di azione messa in pratica da Traini a Macerata, ricorda da vicino le gesta di un altro epigono del suprematsimo, Gianluca Casseri che, nel 2011, a Firenze uccise brutalmente due uomini nativi del Senegal, per poi togliersi la vita braccato dalle forze dell’Ordine. In entrambi gli episodi l’obiettivo dei due esecutori erano i ‘neri’, oggetto di odio da eliminare, il Migrante nella sua interezza, colpito uccidendo alcuni dei componenti della comunità incontrati per strada. Un Altro da annientare falcidiando simbolicamente alcuni dei suoi appartenenti. Non si tratta di ‘raptus omicida’ categoria clinica priva di consistenza, quanto di un intreccio tra la torsione paranoica dell’animo umano che si coniuga con l’obbedienza ad un “ordine di appartenenza” gruppale al quale i killer si sentivano indissolubilmente legati. Tarrent e Traini si sono fatti oggetto della volontà dell’Altro, annullandosi in nome di una causa alla quale si era totalmente dati e offerti come docili servitori: la difesa della razza. Un obbedienza in nome della quale, insegna Lacan, il perverso si tramuta in mero esecutore di ordini privo di capacità critica e senso di colpa, una normale macchina dell’orrore. Casseri e Traini hanno voluto infliggere un colpo alla comunità migrante, volendo angosciarne gli appartenenti con la loro minaccia immanente.
Qua entra in gioco la figura di Hans Breivik, il mostro del nord Europa , colui che ha assemblato le pulsioni disperse in miriadi di gruppi xenofobi sparsi nel mondo, dando forma ad un ideologia totalizzante, ‘ il suprematismo bianco’, che ha goduto e gode di tanta sponda politica. Sano di mente come lo era Traini, e condannato ad una pena da molti ritenuta mite, pluriassassino cinico e feroce con una facilità impressionante di passaggio all’atto, privo di qualsiasi brandello di senso di colpa, con la delirante convinzione di essere depositario di un qualche ruolo messianico di ‘pulizia’ dell’Europa da ogni infiltrazione barbaro islamica. E’ lui il vero padre nel solco del quale Tarrent cammina , seguendone pedissequamente l’insegnamento. Tarrent è un figlio di questa società attuale, in perenne ricerca di un nemico, impoverita, infastidita della legge e avvezza al capriccio, incapace di indagare le cause profonde del disagio del proprio territorio, che preferisce delocalizzare e individuare nel diverso di turno il capro che le può permettere di rimandare sine die i conti con quello che non va nel proprio corpo sociale. Breivk era un uomo nel bunker: ruminatore d’odio per il diverso, per il migrante, per colore e religioni diverse. Nemico di tutto quello che, nel suo malato sentire, non era controllabile e dunque foriero di disordine. Tarrent ha fatto sua la lezione.
Breivik e il suo discepolo neozelandese non sono estranei al nostro discorso sociale, e prima lo si metabolizza, meno ipocrisie racconteremo ai posteri. I disabili ai quali noi rubiamo il parcheggio, i migranti eletti a causa di ogni possibile sventura ( dalla crisi economica, alle malattie, agli stupri, al lavoro mancante), i vagoni dei treni disinfettati. I disperati ricacciati a morire nei campi libici, i bambini affetti dalla sindrome di down ai quali è negato l’accesso in alcuni bar. La capillare e pervicace campagna dei media nel tinteggiare ogni abitate del medio oriente come terrorista o amico di terroristi. Breivik ha semplicemente incanalato tutto questo liquame in un canale fognario più ampio, erigendo se stesso a bastione per difendere una presunta e incontaminata civiltà. Tarrent ne ha continuato l’opera , potendo finalmente dare forma e sfogo a sentimenti di odio interrati nel loro animo i quali, mancando un esercito nel quale intrupparsi, correvano il rischio di essere semplicemente derubricati a omicidi incontrando il carcere e l’oblio. Ora invece, esattamente come i tanti abitanti della galassia del terrorismo religioso, Tarrent ha potuto contare su di un posto d’onore in un pantheon, quello del suprematismo bianco, che , specie se appoggiato da incendiare ed inadeguate frasi della politica, corre il rischio di fare tanti altri adepti.
Tarrent è figlio del nostro tempo, e reca il marchio di una verità. La verità di non essere fuori contesto, sganciato dal legame sociale. La verità di essersi fatti portavoce violenti, senza che nessuno lo richiedesse, di un sentire comune che avanza da tempo in Europa. L’odio per il diverso.È dunque bene che i populisti e razzisti, e i media consenzienti, sappiano che agitare in maniera indiscriminata la miccia dell’odio può innescare ordigni letali e dormienti, che altro non aspettano che un segnale per imbracciare l’arma del loro rancore e colpire il nemico da tempo immemore coltivato nei loro opachi cuori.